Suicidio assistito, i problemi della bozza di legge

Suicidio assistito, i problemi della bozza di legge

Suicidio assistito, i problemi della bozza di legge


di Chiara Lalli

Il testo sul suicidio assistito sarà discusso lunedì 13 dicembre in una seduta plenaria del Parlamento. Un dibattito atteso. Tuttavia, il difetto più grave del testo unificato (qui a pagina 10) è aver copiato una delle condizioni stabilite dalla sentenza 242 come necessarie, cioè il requisito del sostegno vitale. Questo difetto non è stato corretto, ma anzi peggiorato (se non altro perché è stato evidentemente oggetto di attenzione e tutto quello che sono riusciti a pensare è stato: “Ah, formuliamo meglio questa ingiustizia”). E quindi si è passati dalla prima versione dell’articolo 3 (la persona deve “essere tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale”) a “essere tenuta in vita da trattamenti sanitari di sostegno vitale, la cui interruzione provocherebbe il decesso del paziente”. Da una formulazione più generica a una che somiglia sempre più a un respiratore artificiale.

La questione del sostegno vitale

Questo significa che se sono maggiorenne, sono in grado di decidere e di capire le conseguenze delle mie scelte, ho una malattia incurabile e che mi causa dolori insopportabili ma non ho bisogno di un trattamento “di sostegno vitale”, allora non ho tutte le condizioni per poter chiedere il suicidio assistito? Non è chiaro se i relatori ignorino l’esistenza di tutti quei malati che non hanno un qualche “sostegno vitale”, se pensino che le loro malattie siano meno gravi, come i tumori epatici o cerebrali. Oppure se sia un modo per escludere a priori tante persone, per limitare i danni di questa necessaria concessione alla richiesta di poter decidere se e come morire. Per quel meccanismo del male minore che soffocherebbe questa giusta e coerente conseguenza di articoli costituzionali e sentenze (dall’articolo 32 alla sentenza 242).

Insomma, quelli che hanno un attrezzo che li tiene in vita potranno chiedere il suicidio assistito. Per gli altri malati, pazienza. Non mi pare che basti nemmeno rimandare (correttamente, così come indicato dalla sentenza della Corte d’Assise del 27 luglio 2020) al significato allargato di “sostegno vitale”: qualsiasi intervento “realizzato con terapie farmaceutiche o con l’assistenza di personale medico o paramedico o con l’ausilio di macchinari medici”, cioè non solo dipendenza da una macchina e la cui interruzione causa la morte “anche in maniera non rapida” (giorni, settimane o mesi?). Perché lasciare questa complicazione inutile se i confini semantici sono così larghi da rendere inutile il requisito? Una legge non dovrebbe contenere rompicapi la cui interpretazione richiede l’ingegno di Edipo.

La questione delle cure palliative

Sempre nell’articolo 3, che stabilisce i presupposti e le condizioni, c’è un altro emendamento approvato che non sembra essere un’ottima idea.



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www.wired.it
2021-12-10 09:58:46

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